Svizzeri: popolo di plurisovvenzionati Corriere del Ticino, 18.01.2005, von Tito Tettamanti

Svizzeri: popolo di plurisovvenzionati
Corriere del Ticino, 18.01.2005, von Tito Tettamanti«Idée Suisse»: è il titolo di un recente libro di Markus Schneider. Ironicamente viene utilizzato il logo della Radiotelevisione per illustrare il calderone svizzero che fa di noi tutti un popolo di plurisovvenzionati e di plurisovvenzionatori. Alcuni esempi sono illuminanti e divertenti quando non assurdi. Se possiedo una pecora da latte posso ricevere dalla Confederazione 900 franchi all’anno, se un lama solo 400 franchi. Il lama pare meno ghiotto di erbacce. Solo un quinto degli impiegati della Confederazione, Ferrovie, Poste lavora sino all’età massima del pensionamento. Le disposizioni di legge li incitano a ritirarsi a partire dai 58 anni, venendo sovvenzionati indirettamente da coloro che continuano a lavorare. Singolarità regionali: a Basilea vi sono più psichiatri che dentisti, uno ogni 1.500 abitanti. È una coincidenza che la città abbia il record svizzero di persone al beneficio della rendita di invalidità? Il Vallese non sembra essere un Cantone più ricco del Ticino, non è singolare che solo il 6% dei vallesani sia al beneficio della rendita complementare dell’AVS contro il 21% dei ticinesi? Ma non è della miniera di dati interessanti, talvolta stupefacenti che voglio parlare. Ciò che interessa è il messaggio di fondo, quello di un pentolone di sovvenzioni di cui si è perso il controllo e non si sa più chi per finire beneficia e chi paga. Ecco le cifre che costituiscono i 140 miliardi di sovvenzioni annue che scorrono nel pentolone, dice l’autore, come l’acqua in una fontana dello scultore Tinguely, Forse siamo tutti contenti perché spruzza un po’ tutti: per i malati e gli invalidi 45,5 mia.; per gli ultra 65.enni 33 mia.; per i poveri 18,5 mia.; per i senza figli 13 mia.; a carico dei consumatori 10 mia.; per i contadini 8 mia.; nelle Alpi e nel Giura 7,5 mia.; per i conducenti di treni e bus 7,3 mia.; costi non coperti degli automobilisti 6,2 mia.; a carico degli uomini 5,5 mia.; per i 50-65.enni 4,5 mia.; per gli accademici 4,5 mia.; costi scoperti degli alcolizzati 2,5 mia.; per vecchi affittuari e proprietari di immobili 2,5 mia.; per gli stranieri 2 mia.; a carico dei fumatori 1,5 mia.; costi scoperti del traffico aereo 1,5 mia.; a carico dei discendenti (non quantificabile). La somma di questi trasferimenti supera l’importo di 140 miliardi di franchi ma ciò è dovuto ai doppioni. Nonostante le possibili imprecisioni ed approssimazioni, sono cifre sbalorditive immesse nel calderone, cucinate con i relativi costi amministrativi e distribuite con numerose inefficienze quando non addirittura privilegi o iniquità. L’identikit del profittatore massimo del calderone ci dice l’autore è: una persona nata prima del 1950, laureata senza figli, che vive in concubinato, non fuma, proprietaria della propria abitazione o affittuaria della stessa da molti anni, vive fuori città, si reca spesso al teatro, all’opera (prezzi fortemente sovvenzionati), circola molto in treno, auto ed aereo, superassicurata in una cassa pensione (secondo e terzo pilastro), coltiva un paio di campi dove alleva pecore e la sera semina carote, ovviamente secondo crismi biologici, ed è di sesso femminile. Non è un quadro esaltante ma il prodotto del nostro sistema. Se la cavano bene anche i «Dink», che sta per «double income no kids». Vale a dire reddito doppio, carriera doppia non compromessa dalla cura dei figli, doppia cassa pensione, se concubini doppia AVS senza decurtazioni. Quale la conclusione dopo la lettura del libro? Che purtroppo il calderone non ha neppure il pregio di essere figlio di un pur cervellotico progetto. È il risultato di interventi occasionali, di risposte episodiche a problemi particolari, è il trionfo di interessi clientelari e corporativi ben curati dai politici e che talvolta si elidono tra loro, è il risultato miope costoso, inefficiente e non necessariamente veramente solidale non di un, ma della mancanza di un disegno. Una specie di cattedrale, tipo Sagrada Família a Barcellona ma priva del genio e della creatività di Gaudí. Cosa dovrebbe suggerire una simile preoccupante analisi della megamacchina (pentolone) statale? Di fare di tutto per uscire da una ragnatela nella quale più ci muoviamo più ci invischiamo. Due le idee conduttrici che dovrebbero ispirarci: quella della trasparenza e quella della causalità. Sapere esattamente perché si paga, per che cosa e per chi. Dove vanno a finire i soldi, uscendo da un’opacità che serve solo al potere ed alla burocrazia. Far pagare inoltre a chi usa i diversi servizi, il costo relativo. Chi usa autostrade, ferrovie, università, paghi quanto dovuto e sapremo anche quanto è questo costo. E la solidarietà? Quella vera non è diretta a generiche classi di beneficiari nelle quali si annidano anche furbi e profittatori, a ciò istigati dalle leggi. La solidarietà è dovuta ai singoli individui che verificandosi certe premesse hanno il pieno diritto di ricevere quanto la collettività ha il dovere di dare. Cerchiamo di uscire dalla nebbia che danneggia tutti, profittando a pochi. Un’idea coraggiosa come il libro? Può darsi, sicuramente un’idea, ma sfortunatamente ben poco svizzera.